Il cambio di guardia nella gestione dei servizi aggiuntivi dei musei si apre sotto buoni auspici. I visitatori tornano, infatti, a frequentare i luoghi d'arte: nel primo semestre si è registrato un aumento del 12%, che nei giorni di ferragosto (gli unici dati estivi finora elaborati) è passato al 24%, con punte del 77% alla galleria sabauda di Torino e del 68% alla Pinacoteca di Brera, a Milano. Crescono, di conseguenza, anche gli introiti delle biglietterie, delle librerie, di caffè e ristoranti gestiti dai privati all'interno dei monumenti: più 6% nel primo semestre, salito a quasi il 13% nel week-end di metà agosto.
E questo dopo una flessione di anni, che nel 2009 aveva toccato quota 32 milioni di visitatori (con un calo del 2,3% rispetto al 2008) e portato i ricavi dei servizi museali al di sotto dei cento milioni di euro, come nel 2005.
L'inversione di tendenza dovrebbe, dunque, invogliare gli imprenditori a farsi avanti e depositare entro il 15 settembre le domande per partecipare alle 23 gare che ai Beni culturali hanno predisposto per affidare la gestione dei servizi aggiuntivi dei principali siti nazionali. Gli Uffizi, il Colosseo, il museo etrusco di Villa Giulia, l'area archeologica di Pompei: sono solo alcuni dei siti coinvolti nell'operazione di rinnovo.
La si attendeva da tempo. Le concessioni – tutte e non solo quelle messe a gara – sono, infatti, scadute da anni e finora si è andati avanti con le proroghe. L'ultima è stata accordata con il decreto legge milleproroghe di fine 2009, che ha spostato tutto a fine dello scorso giugno, termine entro il quale il ministero ha approntato i bandi. Ora si parte con la prima fase dell'operazione: quella che chiede agli imprenditori di comunicare la loro disponibilità a partecipare alla selezione. E questa è una prima incognita. Perché se i numeri di visitatori e incassi sono uno stimolo a non disertare le gare, sull'altro piatto della bilancia ci sono le nuove regole per le concessioni, presentate sempre a giugno dal ministero e di cui si è tenuto conto in questi primi bandi. Si passa dalle gestioni integrate praticate finora (un concessionario, o meglio un'associazione temporanea di imprese, si occupa di tutti i servizi, dalla biglietteria al ristorante) allo "spezzatino", cioè più concessionari in uno stesso sito. «Abbiamo preferito – spiega Manuel Guido, dirigente dei Beni culturali che segue in prima persona il discorso dei servizi aggiuntivi – privilegiare il profilo della specializzazione e fare in modo che, per esempio, alla gara per la ristorazione partecipi chi ha i requisiti giusti. L'obiettivo è di offrire un servizio di qualità più alta».
Gli imprenditori culturali, però, storcono il naso. Le nuove regole non li convincono. Temono che venendo meno le economie di scala, l'investimento diventi anti-economico. Al momento stanno cercando di capire meglio gli scenari futuri, anche alla luce delle risposte che il ministero darà entro mercoledì prossimo alle loro domande.
Quella in corso, però, è solo la prima parte dell'operazione di rinnovo delle gestioni. Resta, infatti, da affrontare la questione delle concessioni nei musei minori, quelli meno remunerativi. «Ci stiamo riflettendo. Siamo consapevoli – afferma Guido – che i privati disertano alcuni siti perché mancano i margini di guadagno. Si tratta di studiare soluzioni che rendano anche quegli spazi appetibili per il mercato. In caso contrario, si valuterà se fare scendere in campo Ales, la società del ministero che può svolgere anche questo tipo di attività».
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